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Il progetto Pionieri dell’informatica. Uomini e donne all’alba della rivoluzione digitale nasce nel 2021 in occasione del sessantesimo anniversario dell’inaugurazione della Calcolatrice Elettronica Pisana.

Promosso dal Museo degli Strumenti per il Calcolo dell’Università di Pisa e dal CNR, il progetto ha l’obiettivo di raccogliere le testimonianze dirette di alcuni dei protagonisti degli inizi della storia dell’informatica italiana. Abbiamo intervistato ingegneri, fisici, matematici e tecnici che progettarono, costruirono, programmarono, e usarono alcuni dei primi computer italiani costruiti o installati in Italia tra la metà degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta del Novecento: e in particolare la Calcolatrice Elettronica Pisana, i computer della serie Olivetti ELEA, e  il FINAC, il Ferranti Mark I* acquistato dall’INAC di Roma nel 1954.

Le interviste si sono svolte principalmente nel 2021 e sono state realizzate a cura di Fabio Gadducci, direttore del Museo degli Strumenti per il Calcolo dell’Università di Pisa, Maurizio Gazzarri, scrittore, Elisabetta Mori, storica dell’informatica, e Lorenzo Garzella, regista.

 

Il contesto

L’Italia dell’inizio degli anni Cinquanta del Novecento è in fermento: intraprende una serie di progetti di ricostruzione in seguito alla devastazione della Seconda Guerra Mondiale. I decenni 1950-1960 passeranno alla storia come gli anni del miracolo economico italiano. Grazie a una congiuntura di opportunità, intuizioni e capacità la città di Pisa si troverà al centro degli sviluppi dell’informatica italiana, in una partnership che affianca l’Università – sostenuta dalle istituzioni locali – alla Olivetti di Ivrea, produttrice di macchine da scrivere e da ufficio e di calcolatrici meccaniche, una delle realtà imprenditoriali più illuminate del paese, grazie alla visione del suo presidente Adriano.

 

Negli anni in cui questa storia si è sviluppata i computer nel mondo erano pochi: in Italia per identificare queste macchine si usavano parole e espressioni come  “calcolatore” o “calcolatrice”, “elaboratore elettronico”, “cervello elettronico”. La parola “informatica” ancora non esisteva nel dizionario italiano. Le macchine, costituite da diversi armadi pieni di fili, valvole, diodi e transistor, occupavano grandi stanze e erano fragili, prone a guasti, malfunzionamenti ed errori, e dovevano essere riparate molto frequentemente.

 

In analogia con i vari progetti universitari che si erano sviluppati negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in altre nazioni Europee, l’obiettivo dell’Università di Pisa era la costruzione di un computer per supportare i ricercatori dell’Ateneo e permettere loro di fare lunghi e tediosi calcoli che altrimenti avrebbero dovuto eseguire manualmente, con il rischio di errori. L’Ateneo in questo progetto fu affiancato e supportato dalla Olivetti. L’impresa di Ivrea decise di supportare la costruzione del computer per l’università con una sponsorizzazione economica e uno scambio di personale e mezzi. In parallelo prima presso il Laboratorio Ricerche Elettroniche di Barbaricina vicino Pisa, e poi negli stabilimenti Borgolombardo prima e di Pregnana Milanese, poi, Olivetti sviluppava la propria linea di computer, prodotta in serie per il mercato italiano.

 

In quello stesso periodo il Politecnico di Milano e l’Istituto Nazionale per le Applicazioni del Calcolo di Roma (INAC) acquistarono rispettivamente due computer. Il CRC102A della National Cash Register fu portato personalmente dal Professor Luigi Dadda dagli USA in Italia, via nave. Un Ferranti Mark I* invece fu acquistato dal INAC diretto dal Professor Mauro Picone dalla Ferranti. Il computer è noto come FINAC (acronimo di Ferranti-INAC).

 

I progetti nati a Pisa

A Pisa invece  nasceranno due centri paralleli per la costruzione ex novo di computer: il Centro Studi Calcolatrici Elettroniche (CSCE), diretto dal Professore e fisico Marcello Conversi; porterà alla Calcolatrice Elettronica Pisana (CEP), il computer dell’Università di Pisa, inaugurato nel novembre 1961, che sarà usato per una decina d’anni dai ricercatori dell’Ateneo; e il Laboratorio Ricerche Elettroniche Olivetti a Barbaricina, un sobborgo di Pisa, diretto dall’ingegnere italo-cinese Mario Tchou,  che porterà allo sviluppo dei computer commerciali della serie Olivetti ELEA

 

Durante lo sviluppo del progetto CEP a Pisa fu realizzato un prototipo più piccolo, la Macchina Ridotta, poi smantellato e in alcune parti inglobato nella CEP, un a valvole termoioniche con la memoria a nuclei di ferrite. L’Università di Pisa continuerà per a guidare la ricerca informatica in Italia, attraverso la creazione del Centro Nazionale Universitario di Calcolo Elettronico (CNUCE) nel 1964 e inaugurando il primo Corso di Laurea in Scienze dell’Informazione nel 1969; è sempre a Pisa che verrà attivato il primo nodo della rete Internet in Italia nel 1986.

 

L’Olivetti di Ivrea svilupperà invece la serie di computer ELEA, presentata sul mercato nel 1959. Il primo prototipo, chiamato Macchina Zero, fu sviluppato dal team di progettisti e tecnici Olivetti, spesso chiamati informalmente “i ragazzi di Barbaricina”. La Macchina Zero era un prototipo a valvole termoioniche ma Olivetti già nell’ottobre 1957 decide di riprogettare i propri computer a transistor e fonda, insieme a Telettra, la SGS – Società Generale Semiconduttori, per soddisfare il fabbisogno interno di transistor (al germanio), invece di importarli dall’estero. 

 

Il primo computer della serie ELEA 9003, a transistor, sarà consegnato alla Marzotto di Valdagno nel 1960. Di ELEA 9003 ne saranno prodotti e venduti circa una quarantina di esemplari, mentre in parallelo si svilupperanno i più piccoli ELEA 6001 e ELEA 4001.